lunedì 3 novembre 2014

YOU TUBE ME


Nel pomeriggio abbiamo concluso il nostro intenso e intricato percorso cercando di integrare i diversi linguaggi e di condividerli su una piattaforma comune. Prima di tutto ci siamo divertiti a comunicare attraverso la rete, questa volta fatta di tubi da elettricista e imbuti…una metafora di internet utile per comprendere come internet sia davvero un ambiente dove molte persone comunicano e si scambiano informazioni contemporaneamente. 
You Tube è il social media dei video per eccellenza, dunque ci siamo sbizzarriti nella produzione di video digitali divertenti e con effetti speciali grazie ai nostri potenti mezzi (tablet e smartphone), per rappresentare l’Era digitale con un linguaggio molto usato oggi più che mai.
I risultati del nostro lavoro sono visibili online…cerca il canale del Cem Mondialità su You Tube e sul sito cem.saverianibrescia.it, oppure vai sul blog del nostro laboratorio internetcultur.blogspot.it/.


DIGITAL DIVIDE e ASK.CEM


Sicuramente il momento più importante dell’ultima mattinata di laboratorio è stato l’incontro tra il nostro laboratorio e il laboratorio degli adolescenti. Dopo i primi timidi approcci si è rivelato un momento di confronto molto denso e profondo. I ragazzi si sono confrontati ognuno con un adulto per trovare tre cose in comune e rappresentare il loro incontro con un hashtag (#) e un’emoticon (J). Poi abbiamo messo insieme alcune domande molto profonde e personali scritte su foglietti di diverso colore: bianchi per gli adulti e verdi per i ragazzi. Ognuno doveva pescare il foglietto del colore diverso da quello su cui aveva scritto la domanda e rispondere in modo anonimo, rimettere il foglio piegato nella scatola e pescare di nuovo. Alla fine abbiamo letto tutte le domande e tutte le risposte ad alta voce, scoprendo perle di saggezza, frasi divertenti, riflessioni sul senso della vita, consigli preziosi. Ciò che ha fatto più scalpore sono state le domande e le risposte dei giovani che agli occhi degli adulti sono risultati molto più profondi e riflessivi di quanto pensassero prima dell’attività.


PENSIAMO A EDUCARE I NATIVI DIGITALI


Nell’ultima giornata abbiamo voluto tirare le somme per riordinare le carte in tavola e riflettere in modo più approfondito sul ruolo educativo degli adulti nei confronti dei giovani in questo momento dell’era digitale.
Siamo partiti dai nativi digitali e dai loro diritti (http://www.youtube.com/watch?v=YWg-d8WPXk0) per riflettere sull’importanza di offrire ai bambini e a i ragazzi di oggi esperienze diversificate che tengano conto delle “vecchie tecnologie” quanto del digitale. Il nostro ruolo in quanto trentenni e quarantenni è particolare perché siamo l’unica generazione che ha la possibilità di vivere nell’era digitale, ma che si ricorda della vita prima di internet perché l’ha vissuta. Con questa peculiarità abbiamo la grande responsabilità di mediare in modo consapevole e lungimirante i nuovi contenuti del sapere e i canali attraverso cui questi contenuti viaggiano.

Per educare i giovani alla responsabilità è necessario educarli a pensare, e allora abbiamo inventato un dispositivo per pensare in modo analogico-digitale. Siamo partititi dalla metafora dei “Sei cappelli per pensare” di De Bono (1985), che immagina di visualizzare le sei dimensioni principali del nostro pensiero come sei cappelli che, indossati uno alla volta, ci permettono di guardare ad un dilemma, ad una questione complessa, sotto vari aspetti e punti di vista per giudicarla in modo corretto e il più possibile ragionato. Nell’era digitale i sei cappelli sono diventati sei APP, ognuna “lanciava” un pensiero e grazie al supporto dei nostri tablet di cartone siamo riusciti a riflettere insieme, a 360° spaziando dal pensiero analitico a quello emotivo, dal pensiero creativo a quello critico per arrivare poi al pensiero metacognitivo.
IL VIDEO DEI DIRITTI DEL NATIVO DIGITALE


LEI

Le tecnologie digitali sono sempre più avanzate e “intelligenti”, certo, ma quanto pesano nelle nostre relazioni? Il regista Spike Jonze nel suo ultimo film “Lei” con J.Phoenix e S. Johansonn immagina un futuro molto vicino in cui la tecnologia è in uno stato così avanzato da produrre un sistema operativo interamente basato su un’intelligenza artificiale; un OS (Operative Sistem) in grado di imparare dall’esperienza, di provare emozioni. Questo sconfinamento della tecnologia in un ambito che fino a quel momento era solo prerogativa degli umani genera situazioni che a noi appaiono paradossali, ma nel film sono descritte in modo molto vivido e allo stesso tempo discreto: in poche parole il protagonista ha una storia d’amore con il suo OS, e attraverso la telecamera dello smartphone e l’auricolare di ultima generazione che ha sempre nell’orecchio, vive esperienze intense ed emozionanti con “Lei”. La visione di alcune clip di questo film ha suscitato un bel confronto sulla natura delle relazioni umane in contesti iper-tecnologizzati e mediati dal digitale: ci siamo fatti soprattutto molte domande sull’intimità delle relazioni virtuali e su quanto la vita online sia talvolta parallela, ma più spesso intrecciata a quella offline.

EMPATIA E CYBERBULLISMO


Sicuramente quando in rete si condividono parti di sé molto personali, si diventa molto vulnerabili e talvolta questo materiale “sensibile” può essere usato in modo scorretto. I pericoli della rete sono sotto gli occhi di tutti nei numerosi episodi di cronaca che vedono coinvolti, soprattutto adolescenti, in situazioni estremamente rischiose e delicate sotto il profilo emotivo.
E’ soprattutto il cyberbullismo a colpire per la ferocia e la violenza di atti compiuti da ragazzi spesso ignari e inconsapevoli delle conseguenze delle loro azioni. Abbiamo potuto riflettere su quanto siano potenti le violenze psicologiche se amplificate dalla diffusione scorretta, immediata e capillare di materiale intimo sui social network, grazie agli spunti offerti dalla storia di sexting e cyberbullismo che viene raccontata in “Disconnect” il film di Alex Rubin uscito in Italia a gennaio 2014 che racconta storie di persone la cui vita offline viene sconvolta da quella online.
È sicuramente un film molto crudo e violento, a livello psicologico ed emotivo, ma ci ha permesso di far luce su questo fenomeno che sta dilagando nelle scuole secondarie e che spesso ci troviamo impreparati ad affrontare. Dati alla mano, secondo una ricerca di Save the children, il 72% degli adolescenti vede il cyberbullismo come il fenomeno più pericoloso del nostro tempo, più di ogni altro pericolo, incluse droga, malattie o molestie da parte di sconosciuti. Con quale arma possiamo combattere questa “battaglia educativa”? La risposta che è emersa dal confronto in gruppo è stata: l’empatia. Solo l’attitudine a mettersi nei panni dell’altro, e immaginare il suo punto di vista, il suo vissuto interiore può fermarci dal commettere atti di violenza nei suoi confronti laddove non ci sono codici di comportamento consolidati da una lunga tradizione morale. Sul tema dell’empatia abbiamo visionato alcuni video che davano spunti interessanti (cfr “la civiltà empatica” https://www.youtube.com/watch?v=ycO5rG1DM8U tratto dal libro di J. 
 e un animazione molto simpatica “il potere dell’empatia” http://www.youtube.com/watch?v=3oaobKn_MkE ).